Abbiamo visto come il colore di un vino non sia una caratteristica necessariamente collegata alla tipologia di uva lavorata, bensì derivi da una precisa scelta che il produttore opera fra il metodo di vinificazione in bianco o in rosso. Se la prima prevede la pronta separazione del mosto dalle vinacce, la seconda sfrutta le sostanze coloranti concentrate proprio nelle vinacce, le quali vengono trasferite al mosto tramite un contatto più o meno prolungato.
Si è anche evidenziato come il riferimento cromatico contenuto nella denominazione di queste due diverse procedure (bianco e rosso) possa facilmente trarre in inganno, in quanto potrebbe suggerire una correlazione univoca tra tipologia di uva lavorata e metodo di vinificazione. Sarà invece possibile effettuare vinificazioni in rosso di uve bianche così come ottenere vini bianchi da uve rosse.
Come avrete notato, il vino è un argomento che possiede un proprio specifico linguaggio, e proprio a questo proposito vi proponiamo una riflessione su una delle sue più singolari caratteristiche, ovvero l’utilizzo dell’aggettivo bianco per riferirsi a cose che, nella realtà, sono di ben altro colore!
Il termine bianco viene infatti utilizzato in riferimento a elementi, ovvero le uve e gli stessi vini, le cui tinte appartengono in realtà ai toni del giallo e talvolta del verde.
Non è infatti un caso che proprio nella descrizione del colore di un vino bianco, il lessico della degustazione preveda l’utilizzo del termine giallo (giallo paglierino, giallo dorato, giallo ambrato).
Ma allora perché non distinguiamo vini rossi e vini…gialli?
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